La realtà di Bracco oggi è il frutto di una storia fatta di intuizioni geniali e di grande capacità di investire nei “luoghi” giusti e nei tempi giusti. Dovere, sacrificio, applicazione, educazione e attenzione verso gli altri paiono però essere davvero le parole d’ordine della famiglia Bracco, giunta alla quarta generazione imprenditoriale: a partire dalle origini. Gente abituata alla vita dura. E all’esodo lontano dalla terra di origine. Elio Bracco, infatti, arriva da Neresine, paesino di poche anime sull’isola di Lussino in quel territorio di congiunzione tra l’Italia e l’Est Europa che si chiama Istria. Profugo e prima ancora prigioniero degli austriaci, accusato di alto tradimento, irredentista perché italiano fino al midollo e quindi internato e confinato politico.

I Bracco sono stati tutto questo, prima di creare una delle imprese di primo piano in tutto il mondo nel comparto difficile della chimica medica. E chi li conosce dice che quanto è avvenuto dopo, la vera natura della multinazionale familiare che è diventata il Gruppo Bracco, ha la sua origine proprio in quelle esperienze di sofferenza e di voglia di riscatto. Vite vissute che si fanno impresa, dunque.

Testo rielaborato dal volume: Andrea Zaghi, La memoria e il futuro. Alle radici dell’innovazione nell’industria del terzo millennio, Luiss University Press, Roma, 2021.

Diana Bracco alla cerimonia della National Italian American Foundation (NIAF) a Washington

Diana Bracco e Fulvio Bracco con la ricercatrice russa Lagòunova