
Il recupero di un’area di archeologia industriale dei primi del ‘900 di rara bellezza, la rivalutazione di un territorio a fini ambientali e produttivi, un progetto di documentazione video e fotografica sulla nascita di una fabbrica tecnologicamente avanzatissima: tutto questo è racchiuso nel grande restauro di Torviscosa realizzato dal Gruppo Bracco nel 1999-2002 e narrato nel volume Diario di bordo, curato da Moreno Gentili.
Gli edifici di Torviscosa restaurati da Bracco avevano alle spalle una lunga storia. Erano stati voluti negli Anni Trenta dall’allora Presidente della Snia Viscosa, il Cavaliere del Lavoro Franco Marinotti, per rendere l’Italia indipendente dalle grandi industrie del Nord Europa dal punto di vista di una essenziale materia prima come la cellulosa. Il progetto urbanistico, che fu commissionato al celebre architetto Giuseppe De Min, prevedeva la bonifica delle paludi per la realizzazione non soltanto di una fabbrica ma di un intero villaggio operaio con grandi spazi destinati allo sport, al teatro, alle attività ricreative e alla vita sociale dei lavoratori.



Dopo le distruzioni dovute alla guerra e tormentate vicende societarie il sito venne progressivamente abbandonato. Alla fine degli Anni Novanta il Gruppo Bracco scelse quest’area per creare un nuovo e moderno stabilimento in grado di rifornire i mercati. L’imperativo era di non consumare aree vergini (green field), ma usare un sito preesistente, sfruttando il know-how tecnico e specialistico locale. Il ciclopico progetto di restauro ha permesso di ricostruire gli edifici dall’interno, senza modificarne l’architettura esterna di grande valore storico.
Così è nata Spin, un moderno stabilimento 4.0 situato in un territorio strategico, non solo per la sua centralità nel cuore della Mitteleuropa, ma anche per la radicata presenza nella regione Friuli-Venezia Giulia di conoscenza e competenze chimiche. Oggi lo stabilimento di Bracco a Torviscosa rappresenta, oltre che un modello internazionale di produzione sostenibile e rispettosa dell’ambiente, un caso di archeologia industriale tra i meglio riusciti in Italia che ha avuto l’onore di essere scelto dalla Biennale di Architettura di Venezia del 2012 come caso emblematico di “osmosi” positiva tra industria, territorio e ambiente.
Un progetto che rappresenta anzitutto una sfida vinta per la chimica italiana e un esempio positivo per il Paese su come coniugare sviluppo e sostenibilità.